Lotta operaia al Silurificio Whitehead di Fiume per avere la buona uscita, 1945-1971
Certe lotte finiscono male. Si parla di 1.266 operai fiumani rimasti senza patria, senza fabbrica, né diritti. Almeno secondo i documenti che si sono potuti esaminare. La lotta ha inizio nel mese di maggio 1945 "dopo l'occupazione di Fiume da parte delle truppe jugoslave". Anche in questo caso, come in molti racconti dell'esodo giuliano dalmata i diritti dei profughi finiscono alle ortiche.
Si ricorda che la fabbrica Whitehead fu una esclusiva realtà industriale della città quarnerina, attiva per sette decenni a cavallo tra la fine del XIX secolo e la prima metà del XX secolo. Le origini dell'azienda risalgono al 1875 quando l'ingegnere inglese Robert Whitehead inaugurò a Fiume, città dell'Impero Austroungarico, la Torpedo Fabrik von Robert Whitehead, un impianto per la produzione di siluri, che furono venduti alle marine militari di tutto il mondo. Nel periodo di attività l'industria aprì pure varie sedi all'estero. Nel 1914 venne inaugurata una filiale a Napoli. Allo scoppio della Grande Guerra le attrezzature di produzione vennero trasferite da Fiume a St. Pölten, vicino a Vienna, mentre in città restarono solo le funzioni di poligono di lancio. Col 1924 Fiume entra a far parte del Regno d'Italia.
Nel 1933 l'Istituto per la Ricostruzione Industriale (IRI) entrò in possesso del 40% del pacchetto azionario del "Silurificio Whitehead" attraverso la Società Finanziaria Italiana, appartenente al Credito Italiano e di tutte le azioni del "Silurificio Italiano" di Napoli, per mezzo della Società Finanziaria Industriale Italiana, la finanziaria della Banca Commerciale Italiana (Comit).
Nel 1937 l'azienda fiumana apri a Livorno una sua filiale, che qualche anno dopo ebbe la denominazione di Società Moto Fides ed in entrambe le città l'attività di produzione bellica fu frenetica a causa della corsa agli armamenti che caratterizzò il periodo precedente la seconda guerra mondiale. Lo stabilimento di Livorno tuttavia non era ancora in grado di costruire siluri Whitehead e la sua attività inizialmente era limitata alla costruzione di parti per le armi subacquee semoventi costruite a Fiume e solamente verso la fine del 1941 dallo stabilimento della città tirrenica uscirono i primi prodotti completi. Gli stabilimenti di Fiume e Livorno erano affiancati, nella produzione di siluri per la Regia Marina, dal Silurificio Italiano che aveva trasferito la sua produzione in uno stabilimento impiantato nel 1936 riconvertendo un cantiere navale nell'area dei Campi Flegrei, utilizzando il vecchio stabilimento come siluripedio.
Come accennato, nel 1945, arrivati i titini, "la Whitehead abbandonò sia la città che lo stabilimento senza licenziare e liquidare i propri dipendenti". È scritto così a pagina 3 del documento redatto dal Comitato Ristretto nella causa W.M.F. [Whitehead Moto Fides], intitolato: "Per il diritto dei lavoratori nella 'giusta causa'. Travaglio dei siluristi fiumani", del periodo 1945-1966.
"Un comitato ristretto formatosi tra le file dei lavoratori si portò, dopo breve tempo prima a Firenze, poi alla fine di marzo 1947 a Genova, per chiedere il riconoscimento di anni ed anni di onesto lavoro ed una liquidazione onorevole", come si legge nel medesimo documento a pagina 4. Nel frattempo si sfoltisce il numero degli operai coinvolti a causa del decesso di alcuni di loro. Altri emigrano all'estero in cerca di lavoro.
Le maestranze in questione ammontavano a 1.266 dipendenti. Per cause belliche essi vengono licenziati solo 8 anni dopo l'esodo. Se la data dell'esodo è pari a quella del Trattato di pace, ossia il 10 febbraio 1947 (il Diktat, com'è definito dagli esuli), allora i primi licenziamenti risalirebbero alla metà degli anni '50. Non è tutto. Molti di loro, con le rispettive famiglie, finiscono nei tremendi Campi profughi sparsi in tutta Italia, con le conseguenti difficoltà di collegamento coi vecchi colleghi di reparto. Alcuni di loro vengono destinati alle baracche del Centro raccolta profughi di Laterina (AR), come le famiglie Compassi Mandich.
Tra gli avvocati che si occupano del caso della liquidazione degli operai Whitehead, con esposti e ricorsi nei tribunali, troviamo Gian Carlo Zoli di Firenze e Dino Vidali di Trieste. Poi si diede da fare pure don Luigi Stefani. Tra gli uomini politici coinvolti nel caso ci sono l'onorevole Primo Romolo Palenzona, della Democrazia Cristiana, che il 1° aprile 1949 rivolge una interpellanza alla Camera dei Deputati di Roma, oltre a vario personale dei Ministeri e dei Sindacati. Nel 1971 viene richiesto l'intervento dell'onorevole Carlo Donat-Cattin, Ministro del Lavoro e della Previdenza Sociale.
I deludenti risultati della lotta si possono riassumere nelle seguenti date. Il 28 giugno 1948 fu concluso "un accordo presso il Ministero del Lavoro in base al quale la società si obbligò a pagare le indennità maturate fino al 1945 riservando il resto ad ulteriori decisone delle Confederazioni". La società il 10 gennaio 1950 offrì ai dipendenti presso l'Ufficio del Lavoro di Livorno "di riconoscere l'indennità del 1945" (Travaglio dei siluristi, pag. 6). Alla fine degli anni '40 fu coinvolta la magistratura di Genova, poi nel 1950-1952 quella di Milano. Il 6 febbraio 1956 c'è una sentenza di "prescrizione" da parte del Tribunale di Livorno. Il 13 giugno 1961 la Corte d'Appello di Firenze dichiara un "Difetto di procedura". Il 3 giugno 1963 la Corte di Cassazione di Roma esamina il "processo al difetto di procedura". Il 14 luglio 1966, a Torino, vi fu inconcludente incontro tra l'avvocato Gian Carlo Zoli, patrocinatore degli operai fiumani e Vittorio Valletta, della FIAT (Travaglio dei siluristi, pag. 7).
La Moto Fides di Livorno che, negli anni '60 fa parte del gruppo FIAT, offrì ai lavoratori in lotta una liquidazione da fame in base al salario del 1943-1945, che fu accettata da taluni esasperati dalle lungaggini della burocrazia e dalla sfiducia nel sindacato. Altri siluristi, abili meccanici, pur di essere ripresi nello stabilimento di Livorno, furono costretti a firmare una "dichiarazione di rinuncia ad ogni liquidazione per il passato periodo di lavoro". Gli industriali, dal canto loro, ricevettero dallo stato una liquidazione dei beni perduti "ben sette volte maggiore al valore del 1943-1945 e, più esattamente un valore di oltre 4 miliardi di lire" (Travaglio dei siluristi, pag. 5).
Il Comitato Ristretto dei lavoratori Whitehead è formato, nel 1966, dai segretari Ruggero Bassi e Renato Zupicich. Poi ci sono i Fiduciari di Zona: A. Millevoi (Novara), R. Trontel (Torino), A. Calcich (Milano), E. Zennaro (Venezia), A. Osvaldini (Toscana), Arturo Kain (Liguria), S. Zennaro, R. Zessar (Trieste), G. Zoppa (Mezzogiorno), R. Bassi (Estero), M. Blasich (Tortona), D. Moderini (Misti). Poi ci sono i componenti del Comitato allargato: Giovanni Lirussi, Amleto Calcich, R. Zupicich, R. Bassi, F. Manti, A. Bernardis, G. Milessa, M. Blasich, G. Squarcia, R. Micheli, E. Tivelli, R. Trontel, A. Osvaldini, G. Greblo, O. Lenardon, C. Pastorini, G. Feresin, M. Pillepich e A. Ongaro.
Nel 1971, infine, vengono pure informati del caso "buona uscita Whitehead" l'Associazione Nazionale Venezia Giulia e Dalmazia, l'Opera Nazionale Assistenza Profughi e Rimpatriati di Roma, nonché il Libero Comune di Fiume in esilio, con sede a Venezia presso l'avvocato Ruggero Gherbaz. Nel frattempo altri anziani siluristi morivano. Ridotti a metà circa di coloro che iniziarono la lotta nel 1945, i sopravvissuti e gli eredi restarono a bocca asciutta. Il caso, quindi, finì nel dimenticatoio.
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Documenti originali e fotografia della collezione di Igor Mandich, di Genova.
- Comitato Ristretto nella causa W.M.F. [Whitehead Moto Fides], Per il diritto dei lavoratori nella "giusta causa". Travaglio dei siluristi fiumani, 1945-1966, dattiloscr., pp. 8.
- Ruggero Bassi, Lettera all'onorevole Carlo Donat-Cattin, Ministro del Lavoro e della Previdenza Sociale, Vittorio Veneto (TV) 4 agosto 1971, dattiloscr., pp. 3.
Bibliografia
- Elenco alfabetico profughi giuliani, Archivio del Comune di Laterina (AR), 1949-1961.
- "Petizione degli ex del Silurificio", «L'Arena di Pola» del 16 settembre 1970, p. 296.
- "Il Calvario dei siluristi fiumani", «La Voce di Fiume», del 20 dicembre 1970, p. 2.
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Ringraziamenti – La redazione del blog, per l'articolo presente, è riconoscente al signor Igor Mandich, di genitori fiumani e socio ANVGD, che vive a Genova, per aver cortesemente concesso, il 25 febbraio 2023, la diffusione e pubblicazione dei materiali della ricerca. Si ringraziano, infine, per la collaborazione riservata Bruno Bonetti, vicepresidente dell'ANVGD di Udine e Claudio Ausilio, esule di Fiume a Montevarchi (AR), delegato provinciale dell'ANVGD di Arezzo.
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Progetto di Igor Mandich. Testi di Elio Varutti. Lettori: Bruno Bonetti, Claudio Ausilio, il professore Enrico Modotti e Barbara Rossi (ANVGD di Udine). Aderiscono il Centro studi, ricerca e documentazione sull'esodo giuliano dalmata, Udine e la delegazione provinciale dell'ANVGD di Arezzo. Networking di Sebastiano Pio Zucchiatti e Elio Varutti. Fotografie dal web. Ricerche a cura di Elio Varutti presso l'archivio dell'Associazione Nazionale Venezia Giulia Dalmazia (ANVGD), Comitato Provinciale di Udine, che ha la sua sede in via Aquileia, 29 – primo piano, c/o ACLI. 33100 Udine. – orario: da lunedì a venerdì ore 9,30-12,30. Presidente dell'ANVGD di Udine è Bruna Zuccolin. Vicepresidente: Bruno Bonetti. Segretaria: Barbara Rossi. Sito web: https://anvgdud.it/